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di:
lettera firmata
Insieme ospiterà volentieri articoli e commenti suscitati da questa lettera firmata,
che mostra l’esperienza sofferta di un giovane che ha deciso di lasciare la sua comunità
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Con la presente intendo comunicarvi la mia irrevocabile decisione di dissociarmi dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova.
Allo stesso tempo intendo, in modo certamente parziale, motivare la mia scelta.
Potrei sintetizzare dicendovi che non credo più nell’esistenza di Dio, e potrebbe bastare questo. Potrei aggiungere che non credo – di conseguenza - neanche nella veridicità della Bibbia. E se anche alla Bibbia credessi, dovrei stare qui a discutere delle numerose e lampanti forzature che la dottrina dei Testimoni compie nell’interpretarla. Ma, cosa che più mi tange, non voglio essere accostato né nominalmente né fattivamente ad alcuna confessione religiosa. Tantomeno la vostra.
Il mio battesimo risale al 1996, e avevo 12 anni. Troppo pochi per capire la scelta che stavo facendo, troppo pochi per avere una visione chiara del mondo, troppo pochi per acquisire la giusta autonomia di pensiero. Mi sono pentito di quella scelta, fatta all’epoca con grande trasporto. Il trasporto di un ragazzino. Ho messo la mia vita nelle mani di un’organizzazione religiosa che dà tanto, ma a una condizione: credere e obbedire ciecamente, rispondere alle proprie domande attingendo ad una sola e unica fonte.
Non voglio essere in alcun modo avvicinato a un sistema religioso che esercita un continuo e velato ricatto morale su chi ne fa parte. La dissociazione (anche la mia) ne è l’esempio più evidente: la paura dell’emarginazione spinge a smettere di pensare con la propria testa e ad accettare acriticamente le direttive. Ebbene, ben cosciente di quello a cui vado incontro, in ragione di una scelta di coerenza e di condanna verso questo modo di interpretare la fede e l’appartenenza confessionale, ribadisco la mia volontà: il mio nome, la mia persona, non vuole essere partecipe, direttamente o indirettamente, anche se solo da iscritto a un registro come lo sono io adesso, a tale sistema.
Quando qualcosa, o qualcuno, spinge gli esseri umani a fare violenza su se stessi (un amico che non saluta più un amico, una madre che disconosce il figlio), in quel momento è evidente il tarlo che si è preso possesso di una mente e di un cuore, che altrimenti si comporterebbero diversamente - in ragione dell’umanità stessa. In questo senso sono felice di fare affidamento solo ed esclusivamente sulla mia capacità di giudizio, senza affidare a terzi il comando della mia coscienza.
La religione, qualunque essa sia, riesce benissimo a regalare speranze e sostegno morale. Ma il prezzo da pagare, per quanto mi riguarda, è molto – troppo – alto. Considerato che la fede è qualcosa di irrazionale e anti-scientifico (“la reale aspettazione di cose benché non vedute”), preferisco affrontare i miei giorni senza illusioni da una parte ma senza imposizioni forzate dall’altra.
Il culto dei Testimoni di Geova segue con zelo (e spesso amplificandone alcune caratteristiche) l’impostazione di praticamente tutte le confessioni religiose del pianeta: certezza di possedere l’unica e sola Verità, avversione verso le concorrenti e vittimismo religioso, controllo sui fedeli, scarsa tolleranza, culto del senso di colpa, sessuofobia e lancio di anatemi verso i “rinnegati”. I miei valori non sono e non possono essere questi: il mio amore non può essere condizionato e limitato da agenti esterni; il mio intelletto non può essere eterodiretto dal “Grande Fratello”, si chiami Benedetto XVI, si chiami Ayatollah, si chiami corpo direttivo.
Non posso dimenticare, rifacendomi alle mie esperienze personali, il neanche sottile razzismo incoraggiato dall’organizzazione verso i fedeli cosiddetti “non spirituali”, categoria nella quale ho mio malgrado “militato” per lunghi anni. Come se la spiritualità di una persona dipendesse da una cifra segnata a penna su un foglietto, o da una mano alzata per dare sempre le stesse risposte alle stesse domande, o da un viso perfettamente rasato piuttosto che avente un filo di barba. Quanta ipocrisia e quanto conformismo, quanta superficialità. Voglio continuare a credere che domandarsi chi si è, da dove si viene, magari senza trovare le risposte, sia più “spirituale” che ripetere a pappagallo la dottrina vigente al momento.
Non posso accettare di essere accomunato anche lontanamente con una organizzazione religiosa che fa dell’arte della delazione e dello spionaggio tra fedeli, della pressione psicologica e del ricatto morale, parte integrante della propria preservazione e continuazione. Un gioco perverso che sarebbe “normale” se ambientato durante il periodo dell’Inquisizione nel Medioevo, o magari sotto la Gestapo hitleriana (o sotto la Stasi della Germania socialista, tanto per essere bipartisan). Assolutamente fuori tempo – e chissà, a mio modo di vedere in parte anche fuorilegge – in una società per fortuna “democratica” (o quasi) del 21esimo secolo, rispettosa (almeno costituzionalmente) dei diritti della persona.
Considerare le persone, buone o cattive, in base a ciò che credono (religiosamente, politicamente e così via) è quanto di più primitivo l’uomo riesca a fare. Dividere il mondo tra “noi” e “loro” è facile e viene naturale, è tecnica vecchia e ancora longeva, che ha come obiettivo fortificare e tranquillizzare il “noi”. Ma non bisogna essere degli storici per accorgersi quali risultati, ciclicamente, hanno portato questi meccanismi.
Naturalmente, non è mia intenzione dare lezioni a nessuno. Ma sentivo la necessità di argomentare la chiusura definitiva di un capitolo importante della mia vita. Così come sono ben cosciente di quante brave persone, in primis la mia famiglia, fanno parte dei Testimoni. Ma li amerei anche se fossero valdesi o indù, e sono sicuro che sarebbero splendide persone anche se atee o agnostiche. Non so se d’ora in poi corrisponderanno gli stessi sentimenti, viste le sempre “molto amorevoli” regole imposte della “teocrazia” (di cosa stupirsi? In nome della teocrazia tutto è possibile: in Iran, ad esempio, si impiccano gli omosessuali. Nell’Israele del Vecchio Testamento gli “olocausti” provocati erano all’ordine del giorno).
Chiedo, infine, di non venire più contattato in futuro da alcun appartenente della Congregazione per motivi religiosi.